Cos’ è il Trauma Cranico Encefalico?
Per Trauma Cranico Encefalico (TCE) si intende un danno cerebrale tale da determinare una condizione di coma e menomazioni senso motorie, cognitive e/o comportamentali.
Il danno da Trauma Cranico (TCE) può essere:
- focale: confinato ad una area del cervello
- diffuso: coinvolgente più di un’area cerebrale
Come si manifesta?
Frequentemente si associa
- Concussione: agitazione oppure torsione e/o decelerazione del cervello in risposta all’improvviso movimento e/o decelerazione della testa.
- Danno diffuso assonale: piccoli focolai emorragici multipli conseguenti all’impatto sul cervello.
- Coma Profondo (occhi chiusi, attività motoria non riflessa, non esecuzioni di ordini semplici, non parla).
- Coma Vigile ( apertura occhi spontanea, ritmo sonno-veglia presente, non esecuzione motoria agli ordini semplici, sporadiche parole, a volte risposte coerenti agli stimoli ambientali).
Da cosa può risultare il trauma cranico?
Il trauma cranico può risultare da una lesione chiusa alla testa oppure da una lesione penetrante alla testa. Una lesione chiusa avviene quando la testa improvvisamente e violentemente colpisce un oggetto ma l’oggetto non riesce ad attraversare il cranio. Una ferita penetrante avviene quando un oggetto perfora il cranio e penetra dentro il tessuto cerebrale.
Si possono verificare delle fratture del cranio:
- Una frattura declive del cranio avviene quando pezzi di cranio rotto penetrano dentro il tessuto cerebrale.
- Una frattura penetrante del cranio avviene quando qualcosa perfora il cranio, ad esempio un proiettile, lasciando una lesione distinta e localizzata nel tessuto cerebrale.
Le fratture craniche possono causare una contusione cerebrale.
Cosa fare dopo l’ospedalizzazione
La cosa che può aiutare per superare gli ostacoli quotidiani connessi ad un evento traumatico è cercare delle associazioni di familiari che aiutino a superare le difficoltà grazie alla loro esperienza. Le associazioni aiutano sia il paziente che la famiglia a far fronte al “lutto” subito in quanto ci sentiamo parte di una comunità. Viene meno l’isolamento che tanto sentiamo e che ci fa apparire “diversi”. Le associazioni ci sanno indirizzare dove andare in caso di aiuto, ci permettono di confrontarci e di affrontare insieme ciò che ci accade.
Fase Riabilitativa
I fattori prognostici dopo un trauma cranico servono per identificare le opzioni di trattamento che meglio si adattano al paziente e aiutano i riabilitatori a formulare un progetto individualizzato per favorire il reinserimento sociale del paziente e informare la famiglia rispetto agli esiti e a fornirgli le informazioni sulle necessità assistenziali sia nel breve che nel lungo termine.
Inoltre i fattori prognostici ci permettono di classificare il trauma cranico in lieve/moderato/grave/molto grave.
I fattori prognostici si dividono in tre gruppi:
1) Fattori pre-traumatici > precedente trauma cranico, età del paziente (pazienti giovani adulti hanno di solito un miglior esito).
2) Gravità del trauma in fase acuta > viene valutata secondo dei parametri, quali:
- Punteggio alla Glasgow Coma Scale (GCS) subito dopo il trauma cranico; varia da 0 a 13 e viene assegnato seguendo dei parametri valutati dai soccorritori.
- Durata del coma
3) Evoluzione clinica in fase riabilitativa > durata dell’ Amnesia Post Traumatica (PTA) ossia valutazione dell’orientamento e della capacità del paziente di ricordare cosa ha fatto nelle 24 ore precedenti la valutazione.
in sintesi
TCE |
Glasgow Coma Scale iniziale |
Durata coma |
Durata PTA |
Lieve |
13-15 |
1-24 ore |
1-24 ore |
Moderato |
12-8 |
1-7 giorni |
1-7 giorni |
Grave |
inferiore 8 |
1-4 settimane |
1-4 settimane |
Molto grave |
Inferiore 8 |
Più di 4 settimane |
Più di 4 settimane |
In fase di dimissione dal centro riabilitativo risulta utile valutare il grado di recupero del paziente e si possono sentire termini quali:
Stato vegetativo: vigile, ma non in grado di comunicare con l’ambiente
- Disabilità grave: cosciente ma disabile. Paziente che a causa di difficoltà cognitive e/o motorie richiede assistenza anche nelle attività di vita quotidiana.
- Disabilità moderata: disabile ma indipendente. Paziente che pur presentando delle difficoltà a livello motorio e/o cognitivo comportamentale è in grado di svolgere in autonomia le attività di vita quotidiana. Richiede assistenza da terzi non in modo costante.
- Buon recupero: paziente che può presentare difficoltà motorie e/o cognitivo comportamentali residue ma che è in grado di riprendere una vita autonoma svolgendo attività sociali, non richiede assistenza
CHI SUBISCE IL TRAUMA |
I FAMILIARI |
Dipendenza da altri anche nelle attività di vita quotidiana |
Aumento del carico assistenziale. |
Difficoltà cognitive
|
Difficoltà nel ripetere sempre le stesse cose, gestire comportamenti diversi da prima del trauma … |
Cambiamento di personalità e difficoltà nel gestire le emozioni |
Ci si trova di fronte una persona “diversa”. |
Difficoltà a ritornare come prima dell’incidente |
Difficoltà nell’aiutare nel reinserimento sociale il familiare |
Funzioni attentive
L’attenzione ci permette di seguire tutto quello che accade attorno a noi, di essere pronti ad eseguire una certa azione o schivare un pericolo, di seguire una conversazione, di fare più cose contemporaneamente … spesso dopo un trauma cranico questa capacità viene alterata. I pazienti dichiarano di essere stanchi anche solo dopo pochi minuti, non riescono a leggere, ad ascoltare un telegiornale, a concentrarsi. Non riescono a seguire una conversazione se ci sono più di due interlocutori, sono lenti nel fare le cose. In linea generale possiamo distinguere le componenti attentive in:
- Allerta: rapida e pronta risposta agli stimoli ambientali.
- Attenzione sostenuta: riuscire a mantenere nel tempo la prontezza di risposta e la concentrazione.
- Attenzione selettiva: riuscire a selezionare gli stimoli ambientali secondo i nostri obiettivi escludendo quelli che non ci interessano.
- Attenzione divisa: riuscire a rispondere contemporaneamente a più stimoli.
Dopo un trauma cranico l’attenzione è quella funzione che viene colpita in tutte le sue componenti, affaticabilità mentale e motoria, lentezza, difficoltà di concentrazione. L’attenzione è una funzione trasversale che ha una ricaduta a pioggia in tutte le altre funzioni cognitive e motorie. Con il procedere della riabilitazione e del recupero i problemi attentivi vanno risolvendosi e di solito, nella fase riabilitativa tardiva permangono problemi di attenzione selettiva e divisa che possono essere riabilitati con successo.
Funzioni Mnesiche
La memoria ci permette di apprendere, mantenere e ricordare le informazioni che provengono dall’ambiente. Dopo un trauma cranico si possono avere dei problemi di memoria che vanno ad influire sul recupero all’interno del processo riabilitativo e comportano difficoltà relazionali con i familiari che non sanno cosa fare.
Dopo il coma vi è un periodo in cui il traumatizzato cranico è confuso, non sa dove si trova, in che periodo temporale siamo, non ricorda gli eventi delle ultime ore…tale fase viene chiamata Amnesia Post Traumatica (PTA). Pazienti con amnesia anterograda hanno difficoltà nel ricordare gli eventi delle ultime ore, mentre mantengono le informazioni del passato. Diversa condizione nei casi di sindrome amnesica globale dove il soggetto ha difficoltà a memorizzare le informazioni sia nel breve che nel lungo termine con conseguente incapacità a memorizzare nuove informazioni. Altra situazione nel caso dell’amnesia retrograda dove il soggetto ha difficoltà nel ricordare fatti pubblici del passato o eventi autobiografici.
Tipicamente il traumatizzato cranico, nella fase della riabilitazione si stupisce in quanto non ricorda la dinamica dell’incidente e questo provoca ansia: è una conseguenza del trauma e possono essere rassicurati raccontando loro cosa è successo. Nella fase degli esiti, poi, non ricorda il periodo di PTA e hanno una sorta di “buco” mnesico.
Da un punto di vista riabilitativo durante il periodo di PTA, l’intervento è volto a ri-orientare il paziente nel tempo e nello spazio per poi procedere ad insegnarli delle tecniche di apprendimento che lo aiutano a ricordare e trovare delle strategie di apprendimento.
Comunicazione
Dopo un TCE si può verificare un problema della pragmatica della comunicazione dove il soggetto ha difficoltà nel pianificare il discorso, può essere logorroico, o parlare tanto senza capire cosa sta dicendo, può avere difficoltà nel rispettare i turni di conversazione e nel utilizzare i feed-back conversazionali. La comunicazione non risulta essere efficace in quanto il soggetto non è in grado di adattare lo stile comunicativo al contesto, alle persone che ha di fronte e questo reca un disagio sociale importante.
Ai fini riabilitativi l’intervento è volto ad aumentare la consapevolezza di tale difficoltà ed istruire il soggetto a riconoscere l’uso di diversi stili comunicativi a seconda del contesto.
Funzioni Esecutive
Sono tutte quelle funzioni che ci permettono di raggiungere uno scopo un obiettivo. Solitamente vengono compromesse in seguito ad una lesione dei lobi frontali. Includono tutte quelle attività che ci permettono di pianificare, organizzare, inibire risposte, adattare il nostro comportamento a seconda del contesto, ci aiutano a risolvere problemi e trovare delle strategie (Problem Solving). Sostanzialmente ci permettono di:
- Definire gli obiettivi del comportamento.
- Pianificare in modo strategico le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi.
- Mettere in atto le azioni necessarie.
- Controllare gli esiti alla luce degli obiettivi stessi.
Tutte le funzioni esecutive richiedono attenzione, consistono in una serie di operazioni unitarie, sono limitate nella capacità e nella durata e sono facilmente adattabili e modificabili a seconda del contesto ambientale.
Dopo una lesione a livello dei lobi frontali si possono verificare diverse conseguenze comportamentali che inducono i familiari a pensare che il loro caro sia un’altra persona, diversa.
Possono emergere comportamenti di aggressività sia verbale che fisica, difficoltà nel pianificare azioni, difficoltà nel fare più azioni contemporaneamente (ad esempio camminare e parlare insieme), ripetitività, difficoltà a disancorarsi da un concetto, impulsività, difficoltà nell’organizzazione, difficoltà di apprendimento di sequenze e non consapevolezza dello stato di malattia. Ci troviamo di fronte ad una persona cocciuta, rigida, ripetitiva, banale, superficiale, disordinata, smemorata, bugiarda. Possono emergere comportamenti dove vi è una richiesta eccessiva di cibo da parte del traumatizzato (ha sempre fame), può essere inerte con difficoltà sia a parlare che a iniziare un’azione ( non ha voglia di far niente).
Nel monitorare il comportamento entra in gioco il sistema emozionale, il raggiungimento degli scopi proposti è uno dei principali meccanismi di regolazione del sistema emotivo.
Da un punto di vista riabilitativo il primo passo è aumentare la consapevolezza del paziente evidenziando le sue difficoltà e i suoi limiti. Il percorso riabilitativo provvede a identificare delle strategie per riuscire a raggiungere gli scopi proposti, a inibire risposte comportamentali e a focalizzare l’attenzione sui feed back che provengono dall’esterno per riuscire a monitorare il proprio comportamento e renderlo socialmente accettabile.
La consapevolezza di chi ha subito il trauma
La consapevolezza è un elemento importante per il raggiungimento degli obiettivi riabilitativi. Dopo TCE può venir alterata l’attenzione, la memoria, la capacità di giudizio, la capacità di astrazione, di comprendere significati sottesi, viene persa la capacità di capire l’altro e di riconoscere i bisogni e le emozioni degli altri: tipicamente si asserisce che il familiare è privo di empatia.
Dall’altro lato si può verificare che il paziente non capisce i suoi limiti e questo compromette attività per la pianificazione di comportamenti o per prendere decisioni.
Dopo il risveglio dal coma si può avere uno stato detto di anosognosia dove il paziente non è consapevole di quello che gli è accaduto e dichiara di stare bene: non è in grado di auto monitorarsi e capire le difficoltà conseguenti al trauma.
In linea generale possiamo delineare un progressivo cammino di acquisizione di consapevolezza che possiamo riassumere in:
- Consapevolezza emergente: la persona spiega le sue difficoltà solo attraverso un’intervista strutturata.
- Consapevolezza dichiarativa: la persona dichiara le sue difficoltà solo in situazione contestuale, ossia di fronte all’impossibilità di portare a termine un’azione.
- Consapevolezza progettuale: la persona è in grado di analizzare la situazione presente, pianificare le azioni e creare delle soluzioni in grado di supplire le proprie difficoltà.
L’aumento della consapevolezza comporta una presa di coscienza di quello che è accaduto e tipicamente la persona ha una deflessione del tono dell’umore con sentimenti di angoscia, frustrazione e depressione.
La consapevolezza della famiglia
Gli stessi meccanismi messi in atto dal paziente possono essere messi in atto dalla famiglia. La difficoltà di accettare la malattia di un caro, accettare i cambiamenti comportamentali, accettare di aver perso la persona di prima…possono essere paragonati ad un lutto. A volte la speranza è l’unica molla che fa alzare al mattino. I familiari possono avere atteggiamenti contrastanti: alcuni si sostituiscono alla persona altri assumono un atteggiamento di negazione con richieste troppo eccessive. Anche all’interno dello stesso nucleo familiare si possono assistere a reazioni completamente diverse con atteggiamenti contrastanti tra loro che portano ad una disgregazione. Un percorso di psicoterapia di accettazione della malattia è sicuramente di aiuto.
La famiglia
Di frequente si verifica una diminuzione della varietà dei rapporti sociali e del carico emozionale rappresentato dal doversi prendere cura del familiare che ha subito il TCE, la cui personalità è profondamente modificata da un punto fisico, cognitivo, emozionale. Spesso emergono conflitti interni con gelosie da parte di fratelli o coniugi e questo comporta un maggiore isolamento dalla società. Le conseguenze del TCE riguardano non solo l’isolamento sociale e le difficoltà economiche ma anche il cambiamento di ruolo che si viene a determinare nel nucleo familiare a causa delle modificazioni intervenute all’interno del sistema.
Cosa fare dopo l’ospedalizzazione
La cosa che può aiutare per superare gli ostacoli quotidiani connessi ad un evento traumatico è cercare delle associazioni di familiari che aiutino a superare le difficoltà grazie alla loro esperienza. Le associazioni aiutano sia il paziente che la famiglia a far fronte al “lutto” subito in quanto ci sentiamo parte di una comunità. Viene meno l’isolamento che tanto sentiamo e che ci fa apparire “diversi”. Le associazioni ci sanno indirizzare dove andare in caso di aiuto, ci permettono di confrontarci e di affrontare insieme ciò che ci accade.